Recensione CAMERE SEPARATE – Pier Vittorio Tondelli

Tredicesimo giorno del Calendario dell’Avvento

Recensione a cura di Paola Cellamare (corso Editoria e Comunicazione Digitale 21\22)

 

CAMERE SEPARATE

recensione camere separate

Pubblicato nella collana dei “Classici Contemporanei” di Bompiani, Camere Separate è l’ultimo e più doloroso romanzo scritto da Pier Vittorio Tondelli.
Attraverso i tempi di una composizione musicale si dipana il racconto dell’amore tra Leo e il più giovane Thomas. In un’intervista del 1989, pubblicata su La gazzetta del Mezzogiorno, Tondelli spiega come il ritmo del romanzo si ispiri alla musica di Brian Eno, una musica ambientale in cui sembra che le note girino una sull’altra senza avanzare, per poi accorgersi che sono proprio quei suoni a scavare di più. In questo intimo scrutare l’autore di Pao Pao e di Altri Libertini offre una scrittura che da performativa diventa contemplativa.
La narrazione dolorosa e interiore affronta il disincanto nei confronti della vita e dell’amore, ricerca un assoluto religioso e indaga il mistero della morte. Tondelli esplora il momento cruciale del passaggio all’età adulta, “quando il fervore della giovinezza si ferma davanti alla consapevolezza interiore e silenziosa di questa età di confine” e sperimenta l’inizio del declino.
Con una serie di flashback, il lettore oscilla tra il presente di Leo e il ricordo del passato. Nata come una passionale storia a distanza, il rapporto tra Leo e Thomas riesce a mantenersi vivo grazie all’eccezionalità di ogni incontro. Ma la ricerca di stabilità di Thomas non trova spazio nelle convinzioni determinate dall’esperienza di Leo.
Schopenhauer sottolineava che con il possesso svanisce ogni attrattiva e che “quando il desiderio e la soddisfazione si seguono a intervalli non troppo lunghi né troppo brevi, la sofferenza che deriva da entrambi è ridotta al suo minimum, e si ha la vita più felice.” Leo sembra farsi portavoce di questa filosofia, tenta di proteggere sé stesso e l’amato dalle inevitabili ferite determinate dalla convivenza e dal triste epilogo dell’abbandono. Vivere in camere separate vuol dire aggirare la possibilità di infangarsi nel quotidiano, sopportare l’angoscia costante della fine e imparare a vivere la solitudine come “il frutto più completo del loro amore”.
Michele Mari, nelle Cento Poesie d’amore a Ladyhawke, scrive “il bello era proprio quel punto, era rimanere nel limbo delle cose sospese, nella tensione di un permanente principio.” Ed è proprio questo che Leo avrebbe voluto spiegare a Thomas, senza addolorarlo, senza offenderlo.
Il destino però è molto più veloce e crudele, e mentre Leo cerca di custodire il loro amore, è Thomas ad andarsene via per sempre lasciando l’amato solo e con la certezza della finitudine umana. Ne emerge il racconto di una solitudine, di un’anima raminga, di una fuga dal dolore. La testimonianza di un amore incompiuto che cerca di trovare l’equilibrio coltivando il senso di appartenenza ma non il possesso.

 

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