Pasavento
“In fin dei conti, aleggia il sospetto che non siamo autori di niente se non siamo assenti, nascosti o morti”
Vila-Matas, La gloria solitaria da Esploratori dell’abisso.
Pasavento è una mostra inedita di Francesco Lauretta, che prende le mosse dal desiderio di esporre le opere di un artista inesistente, come il Dottor Pasavento di Enrique Vila Matas.
Negli spazi di Fenysia, Lauretta mette in mostra le sue opere come se non appartenessero al suo genio, ma a quello di un personaggio reinventato: un inedito.
Una schizofrenia malinconica dove il giallo è il colore dominante che dà ritmo a dipinti e disegni. Emerge, in senso barocco, la solitudine del personaggio, dell’io che narra e mostra il desiderio della sparizione e dell’estinzione.
Tra le stanze di Fenysia prende vita un percorso che si introduce prima con dei disegni anneriti che abbracciano un ritratto di Thomas Pynchon, poi lo sconcerto in atto si estende tra i corridoi fino a confondere il limite della percettibilità dell’agitato artista che prova a evaporare in un altrove (im)possibile. Troviamo così tracce di Walser, di Sebald, di Lauretta ritratto penitente con le sue prove di abbronzamento estivo nella sua terrazza fiorentina e in costume da bagno. Troviamo le donne napoletane che facevano sognare il Dottor Pasavento nel romanzo dell’amato Vila-Matas, la rue Vaneau, Il giardino dell’Eden.
Un’esperienza alla scoperta di un trascorso evanescente, Pasavento è la mostra di un artista che non vuole nascere perché non vuole morire e che domanda: Cosa è esattamente un autore?
Un microcosmo di solitudini sembra zampillare negli spazi della Scuola dei linguaggi Fenysia.
Opere in mostra:
Disegni del dolore / TP / Ciao signor Walser! / Craven / Emmanuel Bove / Dada / Dada;Dada / Dada;Dada;Dada / Il giardino delle delizie / Lauretta e Monica si incontrano in un paesaggio giallo / Rue Vaneau / Ritratti rossi penitenti / Napoli di Renoir / Finestre gialle / Set visivo in giallo con un testo musicale infrasottile di Diego Dall’Osto.
Francesco Lauretta
“Sono nato disegnando. Sono cresciuto realizzando installazioni. Poi il lungo calvario, ambizioso, di rivoluzionare la mia esistenza come pittore. Alla fine sono diventato un pittore quando sono riuscito a conquistare e raggiungere lo scopo che per molti anni avevo sognato di superare per godere in euforia la bellezza di coniugare la teoria e l’applicazione pratica della medesima. E come pittore mi occupo di poesia, di morte per comporre cose future, di musica, di narrativa. Le tematiche sono intimiste: abito lo spazio strettissimo del tu e il tuo. Sono un Inesistenzialista”.
Francesco Lauretta nasce a Ispica nel 1964, attualmente vive e lavora a Firenze.
Dopo la formazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova e una tesi su James Lee Byars si trasferisce a Torino. Qui comincia a esporre opere monumentali, bianche sculture che rasentano il minimalismo ma evocative di un certo spirito barocco e narrative, olfattive: utilizza petali di sapone verde o petali di rosa nera che deposita su cassetti che destabilizzano elementi riconoscibili, d’uso comune, come un sofà, un piedistallo, un quadro. Sperimenta l’installazione, la performance, il video e dal 2003 comincia a lavorare per una ridefinizione della pittura come linguaggio e su quella del pittore come condizione esistenziale, esplorando le tecniche, i processi, gli esiti formali, le deviazioni, i limiti e i possibili fallimenti. Dal 2010 è al lavoro su “I racconti funesti”, una serie di allegorie in cui esercita la scrittura come strumento per la comprensione della sua ricerca. Recentemente ha dato inizio ad un progetto sulla libertà e l’invenzione comprendendo la pittura come fondazione di mondi, immensi e possibili.
Dall’ottobre del 2017 con Luigi Presicce inventa la Scuola di Santa Rosa, libera scuola del disegno, a Firenze.