Giuseppe Berto
A cura del prof. Marino Biondi
Giuseppe Berto (Mogliano Veneto, Treviso, 27 dicembre 1914 – Roma, 1 novembre 1978) è stato uno scrittore al centro di un lungo dolente contenzioso con la fama, e non perché famoso non fosse, anche come sceneggiatore cinematografico (Anonimo veneziano, 1970), ma per natura e per storia personale, lontano da ogni inclusione, ciò che in Italia poté significare anche esclusione. L’odiato radicalismo del Caffè Rossetti di Via Veneto a Roma, e il detestato moravismo del papa laico che ivi officiava gerarchie e altri (presunti) privilegi, lo imbestialirono e a volte lo fiaccarono. Berto fu scrittore, e uomo, dalle molte sofferenze e altrettante insofferenze, e da uomo ulcerato (ulcera duodenale) si mise a nudo come forse nessun altro scrittore aveva mai fatto in precedenza, nel romanzo che indagò le sue viscere più occulte, in un corpo suppliziato da coliche fisiche e psichiche. Fu un nevrotico pieno di senso dell’umorismo, scosso da rabbie funeste e comicissime (un simil Gadda), paziente della psicoanalisi ma senza prostrarsi a essa, senza diventare cioè un fanatico di quella “scienza”, come il male che cura, forse altrettanto oscura. Fu, come altri della sua generazione un intellettuale militarizzato, fra guerra coloniale (Africa Orientale), e guerra d’Africa, nell’anno di El Alamenin (1942). Fascista? Sì, ma senza entusiasmo. Fascista prima perso nelle sabbie africane, e poi perdente, sul piano della dialettica storica, piuttosto anarchico, liberale, e cristiano. Come Ernest Hemingway, anche Berto non diede mai completamente l’addio alle armi. L’americano lo riconobbe per certi aspetti sodale, e Berto ne ebbe comprensibile orgoglio, nel segno di una appartenenza. Gli scrittori che presero il fucile, e non soltanto la penna. Ha scritto due grandi libri: Il cielo è rosso (edito da Longanesi nel 1946) e Il male oscuro (Rizzoli, 1964), diversissimi fra loro, ma entrambi capaci di segnare il tempo e scandire temi di assoluta rilevanza, la guerra e il dolore di stare al mondo, la guerra senza aggettivi, una sorta di Storia naturale della distruzione, e il dolore dell’anima, l’oscura e immedicabile ferita di psiche.
Bibliografia essenziale
- Berto, Il cielo è rosso, postfazione di Domenio Scarpa, con un testo di Andrea Camilleri, Vicenza, Neri Pozza, 2018
- Berto, Il male oscuro, con una nota di Cesare De Michelis, Venezia, Marsilio, 1989
- Berto, Il male oscuro, postfazione di Emanuele Trevi, Vicenza, Neri Pozza, 2016
(Pubblichiamo lo scritto per gentile concessione del prof. Marino Biondi)